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Come e perché diventare un agente di vendita

Come e perché diventare un agente di vendita

La figura dell’agente di vendita è spesso fondamentale per la crescita di un’azienda. All’agente di vendita spetta infatti il compito di ampliare quanto più possibile la rete di collaborazioni della ditta mandataria a cui offre i suoi servizi. Ma come si fa a diventare un agente di vendita e come opera concretamente questa figura? Tutti possono provarci? E quali sono i requisiti richiesti? Scopriamolo insieme in questo articolo.

Chi è e cosa fa un agente di vendita

Un agente di vendita è un professionista autonomo, dotato di Partita Iva, a cui viene affidato l’incarico di promuovere prodotti e servizi di una (o più di una, a seconda dei casi) determinata azienda, andando al contempo alla ricerca di nuovi potenziali clienti per conto del proprio mandatario.

Un agente di vendita lavora infatti per conto di terzi, più precisamente di un’azienda mandante, assumendo il proprio incarico in maniera stabile ma senza vincoli di subordinazione. Semplicemente, l’assenza di vincoli per un agente di commercio si concretizza nella possibilità di poter gestire liberamente il proprio orario lavorativo e di organizzarsi autonomamente nello svolgimento della propria attività. 

Esistono però alcune condizioni che un agente di vendita è obbligato a rispettare, e cioè:

  • Un agente di commercio deve svolgere la sua attività entro i confini di una precisa e circoscritta area geografica;
  • Se monomandatario, un agente di commercio è sottoposto a un particolare diritto di esclusiva, per cui potrà operare esclusivamente per un’unica azienda (in caso contrario si parla di agente plurimandatario).

In cosa consiste la vendita diretta 

Un agente di vendita, nel promuovere i servizi o i prodotti della propria ditta mandataria, opera attraverso vendita diretta rapportandosi ai clienti finali.

Quello della vendita diretta è un settore che non conosce crisi e, anzi, seguire questo approccio conferisce spesso un valore aggiunto alle trattative commerciali. Il perché è presto detto: il contatto diretto con i clienti, una consulenza personalizzata e la presenza fisica – di per sé rassicurante – di un venditore, si rivelano non di rado armi vincenti in fase di contrattazione.

Come diventare un venditore (i requisiti richiesti) 

Chiunque può diventare un agente di vendita! Non esiste infatti alcun percorso di studi obbligatorio per chi voglia intraprendere questa strada.

Gli aspetti più importanti riguardano le qualità personali: una buona dialettica, un certo carisma e una buona attitudine a interagire con le persone sono gli elementi che spesso risultano vincenti e finiscono per fare la differenza sul lavoro.

SopranCiodue richiede un aspetto fondamentale: la volontà di scegliere la libera professione come tipologia di attività! E’ possibile iniziare il proprio percorso anche come procacciatore d’affari, consapevoli però del fatto che entro un un massimo di 5 mesi sarà necessario aprire la P.IVA.

Un requisito necessario per poter accedere alla carriera di venditore è l’abilitazione al RAC – corso per agenti e rappresentanti di commercio – che consente l’idoneità per l’iscrizione al Registro Imprese della Camera di commercio di appartenenza.

Una volta inseriti in SopranCiodue sarete coinvolti nella la Sales Academy, la nostra “scuola” nata con l’obiettivo di formare consulenti commerciali esperti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, un percorso di formazione per diventare competenti nella vendita di prodotti e servizi relativi all’antincendio e alla sicurezza.

Agente di vendita: monomandatario vs plurimandatario 

Esistono due macrocategorie di riferimento per gli agenti di vendita: monomandatari e plurimandatari.

  • Un agente di vendita monomandatario può operare per conto e in favore di una singola azienda, legandosi a quest’ultima in via esclusiva.
  • Un agente di vendita plurimandatario può collaborare con più aziende o ditte mandanti, ma dovrà firmare un patto di non concorrenza per evitare di vendere gli stessi servizi per aziende che operano nello stesso settore.

Gli agenti di SopranCiodue, in realtà, sono plurimandatari perché lavorano su mandati di più società (tra cui Sopran S.p.A e Ciodue S.p.A.), ma queste fanno parte dello stesso gruppo unendo così i vantaggi delle due figure. Tra queste:

  • Possibilità di crescita personale e professionale sul campo
  • Sicurezza economica garantita
  • Creazione di legami lavorativi durevoli nel tempo
  • Possibili avanzi di carriera

I guadagni di un agente di vendita 

Considerando il suo operare in regime di Partita Iva, e dunque da autonomo, è difficile stimare i possibili guadagni annui o mensili di un agente di commercio.

La voce principale delle entrate di un agente di commercio sono le provvigioni derivanti dai contratti stipulati e portati in azienda. Pertanto, per quanto sembri banale dirlo, più un agente di commercio riuscirà a vendere, più contratti riuscirà a stipulare, e maggiori saranno i suoi guadagni.

 Tutto, dipende dunque dalla volontà personale: intraprendere questa carrierapuò essere una scelta remunerativa e accattivante dal punto di vista economico anche considerando i possibili avanzamenti di carriera nel lungo periodo.

Perché diventare un agente di vendita?

Esistono due macrocategorie di riferimento per gli agenti di vendita: monomandatari e plurimandatari.

  • Non è richiesta alcuna esperienza lavorativa pregressa;
  • Puoi cominciare a guadagnare fin da subito, e i guadagni sono proporzionati a quanto vendi;
  • Formazione assicurata;
  • Possibilità di crescita personale e professionale garantita;

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Gli agenti di vendita sono il motore di Sopranciodue da 40 anni, se deciderai di far parte del Gruppo ti unirai a più di 200 Agenti che già compongono la rete commerciale di un settore a oggi sempre più importante e riconosciuto: quello della sicurezza e dell’antincendio.

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La manutenzione degli estintori: obblighi, scadenze e normativa

La manutenzione degli estintori: obblighi, scadenze e normativa

Gli estintori sono gli strumenti di primo intervento più diffusi e maggiormente impiegati per domare un principio di incendio.

Obbligatori per legge in ogni attività commerciale, nei condomini e in tutti gli uffici, gli estintori antincendio si rivelano spesso e volentieri fondamentali per garantire l’incolumità di cose e persone in caso di emergenza. A tal fine, e perché siano realmente efficaci, è però necessario assicurarsi che gli estintori siano sempre perfettamente funzionanti e pronti all’uso. Importantissime diventano allora le operazioni di manutenzione che, periodicamente, devono essere eseguite su questi apparecchi.

Scendiamo adesso nel dettaglio e cerchiamo di scoprire insieme cosa dice la normativa italiana di riferimento, indagando scadenze, sanzioni e obblighi previsti per la manutenzione estintori

Perché fare il controllo degli estintori è importante?

Iniziamo col dire che la manutenzione degli estintori rientra, per legge, tra gli obblighi a carico del datore di lavoro, e che l’operazione è di conseguenza ben disciplinata a livello normativo. 

Prima di addentrarci sul piano tecnico della questione, è bene ribadire che fare il controllo periodico degli estintori è importantissimo per garantire il corretto funzionamento degli stessi: un estintore non sottoposto a controlli, o difettoso, potrebbe rivelarsi totalmente inutile in caso di bisogno, e anzi persino pericoloso se impiegato in un contesto di emergenza.

Gli estintori antincendio possono valere come dei veri e propri strumenti salva-vita e assicurare la loro efficienza significa in primo luogo assicurare sé stessi e il proprio ambiente di riferimento, domestico o di lavoro che sia.

Manutenzione degli estintori: cosa dice la normativa 

A livello legislativo, il principale riferimento in tema di manutenzione estintori si può rinvenire nella norma UNI 9994-1:2013, che stabilisce quali criteri seguire e quali operazioni svolgere affinché la manutenzione degli apparecchi venga eseguita correttamente e possa assicurare il massimo livello di efficienza dello strumento.

Il testo in oggetti stabilisce in primo luogo che ciascun estintore debba essere provvisto di una sua etichetta di riconoscimento, il cosiddetto cartellino di manutenzione, in cui andranno specificati:

  • Numero di matricola e il numero di identificazione dell’apparecchio
  • Codice costruttore e anno di fabbricazione dell’estintore
  • Tipologia di estintore 
  • Massa dell’estintore
  • Carica effettiva dell’estintore
  • Le scadenze (mese e anno) previste per i futuri interventi di manutenzione, revisione e collaudo dell’estintore

La norma richiamata prevede poi la necessità di indicare:

  • Un responsabile incaricato di valutare e predisporre le dovute misure di sicurezza antincendio
  • Un responsabile addetto alla sorveglianza che abbia ricevuto adeguate informazioni atte a controllarne lo stato.
  • L’azienda, o il tecnico di riferimento, cui spetterà il compito di eseguire le operazioni di manutenzione sui presidi antincendio

La manutenzione periodica degli estintori si articola in sei diverse fasi: controllo iniziale, sorveglianza, controllo periodico, revisione e collaudo, manutenzione straordinaria, ciascuna delle quali comprende esami e accertamenti differenti. Ma quando devono essere eseguite le operazioni di manutenzione?

Ogni quanto devono essere effettuati i controlli degli estintori

Il servizio di manutenzione sugli estintori deve essere eseguito con una cadenza regolare, secondo precise scadenze stabilite dalla norma stessa.

Il controllo periodico

Il controllo periodico deve essere svolto ogni sei mesi. La normativa stabilisce inoltre che al controllo semestrale, laddove necessario, debbano seguire le operazioni di revisione e collaudo oppure le manutenzioni straordinarie.

La revisione 

I tempi previsti per la revisione degli estintori variano a seconda della diversa sostanza estinguente presente all’interno di ogni apparecchio, e in base al diverso materiale in cui i rispettivi serbatoi sono realizzati.

In dettaglio:

Tipologia di Estintore Frequenza Revisione
Estintori a polvere Ogni 3 anni
Estintori a biossido di carbonio (CO2) Ogni 5 anni
Estintori ad acqua o a schiuma con agente premiscelato con serbatoi in acciaio inox o LEGA DI ALLUMINIO Ogni 4 anni
Estintori ad acqua o a schiuma contenenti solo acqua ed eventuali altri additivi in cartuccia sigillata.   Ogni 4 anni
Estintori ad acqua o a schiuma con serbatoi in acciaio al carbonio plastificato Ogni 2 anni
Estintori ad idrocarburi alogenati Ogni 6 anni

Il collaudo

Come per la revisione, anche le operazioni di collaudo sono regolate da scadenze diverse a seconda del differente modello di estintore, e così disciplinate:

Tipologia di Estintore Frequenza Collaudo per serbatoi CE/PED
Estintori a polvere Ogni 12 anni
Estintori a biossido di carbonio (CO2) Ogni 10 anni
Estintori ad acqua o a schiuma con serbatoi in acciaio inox Ogni 12 anni
Estintori ad acqua o a schiuma con serbatoi in acciaio al carbonio plastificato Ogni 6 anni
Estintori ad idrocarburi alogenati Ogni 12 anni

 

Cosa succede se non viene fatta la manutenzione degli estintori?

Ignorare l’obbligo di manutenzione per gli estintori antincendio significa esporsi a dei rischi concreti sia sul fronte della sicurezza, sia dal punto di vista legislativo.

Violare la normativa di riferimento e non rispettare le scadenze prefissate comporta automaticamente il poter incorrere in sanzioni di tipo amministrativo o penale. Le pene previste possono essere di tipo pecuniario, ma nei casi più gravi possono anche portare anche alla sospensione dell’attività o persino all’arresto, previsto per un periodo che va dai 3 ai 6 mesi in caso di omessa predisposizione dei presidi antincendio. In un contesto aziendale, tali sanzioni risultano a carico del datore di lavoro.

Revisione e collaudo estintori: affidati a SopranCiodue 

Manutenzione, revisione e collaudo degli estintori sono operazioni necessarie e importantissime per garantire la massima efficienza dei presidi antincendio.

Per questa ragione, gli interventi devono essere eseguiti in totale sicurezza da personale altamente qualificato: il Gruppo SopranCiodue dispone di tecnici manutentori specializzati, pronti a fornirti il supporto di cui hai bisogno. Contattaci per ricevere maggiori informazioni o per programmare insieme un intervento.

 

Formazione sulla sicurezza sul lavoro: cos’è e come si fa

Formazione sulla sicurezza sul lavoro: cos’è e come si fa

La tendenza degli ultimi 10 anni da parte del legislatore di regolamentare la formazione obbligatoria puntando su requisiti formali degli enti e/o dei formatori, così come ponendo l’attenzione sugli argomenti e le durate dei programmi non sembra rallentare. Eppure non è pensabile proporre della formazione di qualità senza proporre tra gli obiettivi centrali di ogni corso in materia di sicurezza sul lavoro quello di agire sui comportamenti futuri dei partecipanti.

Come diventare attori del cambiamento grazie alla formazione

Fare formazione in materia di sicurezza sul lavoro non coincide con l’affrontare una sequenza di argomenti in un tempo previsto, ma è il processo necessario e sufficiente per produrre un cambiamento in chi vi partecipa, secondo gli obiettivi prefissati.

Ai datori di lavoro è richiesto di fornire la formazione necessaria e sufficiente a produrre i comportamenti lavorativi e professionali corretti. Non sarà quindi l’attestato o un mero adempimento formale della norma a garantire la “giusta” formazione, ma solo la verifica sul campo di come opera il lavoratore formato.

Favorire comportamenti proattivi e consapevoli

Per esprimere lo stesso concetto in modo più concreto possiamo portare ad esempio la modalità più diffusa da parte degli ufficiali di polizia giudiziaria di verifica dell’efficacia della formazione ricevuta da un lavoratore o da un addetto. Anche se possono accontentarsi di attestato, programma e registro della formazione, durante gli accertamenti sugli obblighi formativi sempre più spesso interrogano o addirittura mettono alla prova i lavoratori uno a uno per verificare se attuano i giusti comportamenti e se custodiscono le giuste conoscenze, ovvero se sono adeguatamente formati.

Questo approccio vale per ogni tipo di formazione alla sicurezza sul lavoro, ad esempio sia che si parli della formazione alla sicurezza in un’azienda, sia che si parli della formazione e addestramento per operare come addetti antincendio o primo soccorso o addirittura per la formazione prevista per il datore di lavoro che svolge direttamente “i compiti del RSPP”.

Per maggior chiarezza ricordiamo che le durate previste dalla norma, i contenuti e la densità degli eventuali aggiornamenti vanno da intendersi come requisiti minimi per poter raggiungere l’obiettivo formativo. Ad esempio, se un addetto dopo il corso antincendio o di primo soccorso si sente “più agitato” di prima, proprio perché ha capito le cose che deve fare, ma non si sente in grado di farle, magari il formatore ha affrontato gli argomenti e rispettato la durata, ma ha mancato l’obiettivo.

Allo stesso modo se dopo lo stesso corso l’addetto pensa di potersi sostituire ai professionisti del soccorso delle ambulanze o a un vigile del fuoco, di nuovo si è mancato l’obiettivo formativo, in quanto in entrambi i casi i comportamenti prodotti non sono quelli di progetto. Immaginiamoci se poi il corsista è stato seduto senza capire bene i contenuti né il perché gli venissero esposti, portandosi comunque a casa l’attestato: avrà imparato a considerare la sicurezza e la formazione come “vuoti e burocratici rituali” per ottenere un “vuoto e burocratico pezzo di carta”.

Se invece dopo il corso “gli viene voglia” di rileggere le procedure di emergenza aziendale, o di controllare (rispettivamente) il tipo, la posizione e la manutenzione dei presidi antincendio o il contenuto della cassetta medica, o se addirittura “si sente” di portare in azienda un contributo sotto forma di richiesta di chiarimento o proposta costruttiva, ecco il corso ha formato addetti proattivi e consapevoli della loro piccola parte.

Se poi ha imparato a usare l’estintore e ad attuare una rianimazione, anche l’addestramento ha raggiunto il suo obiettivo. Riteniamo che questo piccolo esempio possa già essere sufficiente per fornire “la lente di ingrandimento” utile a valutare la formazione proposta dai diversi soggetti formatori.

Di conseguenza una corretta progettazione e verifica del percorso attuato deve superare – senza tralasciare – i requisiti formali e sostanziali della proposta formativa. Ovvero si dovrà garantire che la formazione non sia solo “a rigor di legge” ma efficace nel migliorare l’organizzazione del lavoro e il contributo di ogni individuo all’organizzazione stessa. Solo così si potrà dire di aver affiancato il datore di lavoro nell’erogare una formazione sufficiente ed adeguata, così come previsto dal testo unico in materia di sicurezza sul lavoro. Tuttavia questo implica una profonda conoscenza delle dinamiche di ogni singola realtà, facendo preferire chi opera sia nel campo della consulenza che della formazione, a chi si propone esclusivamente come erogatore di corsi a catalogo.

E-learning: uno strumento formativo potente

A questo punto potrebbe essere utile uno sguardo su due strumenti sempre più utilizzati, quali i finanziamenti e i rimborsi per la formazione e la formazione a distanza asincrona in e-learning.

L’e-learning è uno strumento formativo pratico e potente, se usato bene. È evidente come non sia pensabile utilizzarlo come unica modalità formativa. Difficile infatti immaginare, soprattutto nelle piccole aziende, che la formazione attraverso piattaforme che progettano contenuti fruibili a prescindere dalla singola realtà possa tenere conto delle necessità organizzative e comportamentali specifiche e individuate, ad esempio, nel documento di valutazione dei rischi aziendali. Ecco perché crediamo che sia una proposta valida, ma da considerare all’interno di una proposta formativa più ampia e che tenga conto di eventuali moduli integrativi in presenza, senza i quali è difficile produrre i cambiamenti comportamentali necessari.

Diverso se parliamo di formazione a distanza in videoconferenza, per la quale è oramai consolidata la possibilità di utilizzarla in sempre più casi come equivalente della formazione in presenza. Sempre che sia compatibile con la cultura lavorativa del gruppo  o addirittura del singolo lavoratore.

Altro strumento interessante è appunto costituito dalla possibilità di accedere a rimborsi parziali o addirittura totali della formazione. Ad esempio attraverso fondi interprofessionali, enti bilaterali ed associazioni di categoria si possono recuperare parte delle quote già versate dall’azienda e destinarle alla formazione. Molti enti formatori, noi compresi, possono utilizzare risorse messe a disposizione dalle norme vigenti per favorire le attività formative aziendali.

In questi casi è utile sapere che non è di immediata comprensione la vera cifra che viene messa a disposizione della formazione. Infatti dietro a della formazione “gratuita”, ad esempio, si potrebbe nascondere della formazione a costi troppo bassi per essere di una qualità accettabile.

Si genererebbe così la falsa sicurezza, ironia della sorte, di avere svolto quanto previsto dalla norma, salvo scoprire troppo tardi che i lavoratori in quelle ore non sono stati formati adeguatamente ed a sufficienza. Il consiglio è quello di chiedere quindi quanto vale la formazione offerta, sia in termini economici che di progettazione e di risultati offerti.

Formazione finanziata: scopri come ottenere i rimborsi.

 

Registro antincendio: cos’è, come si compila e quando è obbligatorio

Registro antincendio: cos’è, come si compila e quando è obbligatorio

Il registro dei controlli antincendio, o semplicemente registro antincendio, è un documento che consente ad aziende e imprese di avere a disposizione, e in qualunque momento, informazioni riguardanti lo stato dei presidi antincendio – ovvero: le attrezzature e gli impianti adibiti alla protezione e alla salvaguardia di cose e persone – presenti nella loro struttura. Il registro antincendio è obbligatorio dal 25 settembre 2022 per tutte le imprese in cui sia presente almeno un lavoratore.

Questo documento, che necessita di essere aggiornato periodicamente, si dimostra perciò utilissimo nel garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro, rappresentando, di fatto, uno storico delle operazioni di manutenzione e di controllo eseguite sui propri impianti e sulle proprie attrezzature antincendio. Ma cosa dice la legge a riguardo? A chi spetta, ad esempio, l’obbligo di detenerlo e compilarlo?

Registro antincendio: cosa dice la legge 

Ad oggi, la principale norma di riferimento per ciò che riguarda la tenuta dei registri antincendio è il DPR 151/2011. In particolare, l’Art. 6 del decreto in oggetto, ai commi 1 e 2, riporta che:

“Gli enti e i privati responsabili di attività di cui all’Allegato I del presente regolamento, non soggette alla disciplina del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, hanno l’obbligo di mantenere in stato di efficienza i sistemi, i dispositivi, le attrezzature e le altre misure di sicurezza antincendio adottate e di effettuare verifiche di controllo ed interventi di manutenzione secondo le cadenze temporali che sono indicate dal Comando. […]

I controlli, le verifiche, gli interventi di manutenzione e l’informazione di cui al comma 1, devono essere annotati in un apposito registro a cura dei responsabili dell’attività. Tale registro deve essere mantenuto aggiornato e reso disponibile ai fini dei controlli di competenza del Comando.”. 

La norma in oggetto è stata recentemente sottoposta a revisione e integrata con il DM. 1° settembre 2021 (Criteri generali per il controllo e la manutenzione degli impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio), in vigore ormai dal 25 settembre 2022. Il nuovo decreto stabilisce l’obbligo di dotarsi di un registro antincendio anche per le realtà produttive più piccole, siano esse soggette o non soggette al Controllo di Prevenzioni Incendi. L’unico requisito esplicito è che all’interno di tali realtà produttive o sedi legali sia presente almeno un lavoratore.

Come compilare il registro antincendio

L’obbligo di predisporre il registro antincendio spetta al datore di lavoro, il quale è tenuto anche a verificare che i controlli sulle apparecchiature previsti dalla legge vengano eseguiti secondo le scadenze previste. Il datore di lavoro, di conseguenza, provvederà a individuare tra i suoi dipendenti una o più persone a cui affidare i suddetti controlli, tenute a loro volta a riportare l’esito di ogni verifica all’interno del documento.

In un registro antincendio, dunque, le annotazioni da apporre riguarderanno: “i controlli periodici e gli interventi di manutenzione su impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio, secondo le cadenze temporali indicate da disposizioni, norme e specifiche tecniche pertinenti, nazionali o internazionali, nonché dal manuale d’uso e manutenzione”, come previsto dal DM. settembre 2021.

Schematizzando, all’interno del registro antincendio, e in riferimento ai presidi antincendio, dovranno essere presenti i resoconti riguardanti:

  • Le attività di manutenzione ordinaria
  • Le attività di manutenzione straordinaria
  • I controlli periodici
  • Le attività di sorveglianza e di controllo visivo

All’atto della compilazione del documento sarà inoltre necessario riportare la data di svolgimento di ogni attività e l’elenco del personale coinvolto, e incaricato, per ciascuna operazione.

Ciò che è importante sottolineare è che il registro antincendio deve essere sempre aggiornato e reso disponibile per eventuali controlli da parte del Comando dei Vigili del Fuoco.

Presidi antincendio: chi deve eseguire i controlli?

Come scritto in precedenza, il datore di lavoro ha la facoltà e il dovere di selezionare, all’interno del proprio organico, una o più persone a cui assegnare determinate operazioni di controllo. Esistono però alcune attività che per la loro natura possono essere affidate unicamente a tecnici manutentori antincendio qualificati.

Il gruppo SopranCiodue dispone di personale altamente qualificato e pronto ad eseguire qualunque operazione di controllo o di manutenzione sui tuoi impianti antincendio. Per ricevere maggiori informazioni, o per fissare un appuntamento, contattaci utilizzando il seguente link: https://www.sopranciodue.it//Contattaci.

 

Estintori antincendio: tipologie, classi di fuoco e come sceglierli

Estintori antincendio: tipologie, classi di fuoco e come sceglierli

Gli estintori antincendio sono i dispositivi di protezione attiva più conosciuti, nonché i mezzi di primo intervento a cui si ricorre più frequentemente e con maggiore facilità in caso di incendi ed emergenze. Gli estintori, se adoperati tempestivamente e in maniera corretta, si dimostrano estremamente efficaci nel domare un qualunque principio di incendio.

Un estintore, purché regolarmente funzionante, è dunque considerato uno strumento ormai imprescindibile se si desidera garantire un’adeguata sicurezza sui luoghi di lavoro e, più in generale, all’interno di un qualunque edificio. Un estintore d’incendio è formato da un corpo metallico a forma di bombola, da un tubo flessibile (detto manichetta) da cui fuoriesce l’agente estinguente contenuto all’interno dell’apparecchio e da una valvola che consenta di regolare l’intensità e il flusso della sostanza prescelta. In commercio esistono però molteplici modelli e diverse tipologie di estintori antincendio. Come scegliere, allora, quello più adatto alle proprie esigenze?

Tipologie e classificazione degli estintori antincendio 

Scegliere una determinata tipologia di estintore, che sia per il proprio ufficio o il proprio immobile, è un processo talvolta lungo, perché i fattori di cui tenere conto sono tanti e diversi.

Come accennato, esistono vari tipi di estintori, e ognuno di essi è stato pensato e progettato per essere impiegato in una situazione specifica in base alle caratteristiche che gli appartengono. Classificare le diverse tipologie di estintori significa individuare queste caratteristiche e distinguere principalmente in base: alla loro capacità estinguente, al peso, alla sostanza estinguente impiegata e alla classe di fuoco a cui risultano generalmente associati. La tipologia di incendio e la natura delle fiamme ipotizzabili sono infatti i due elementi che più di ogni altro dovrebbero guidare nella scelta di un estintore antincendio. 

1) Estintori portatili ed estintori carrellati 

La prima, e sicuramente più lampante, caratteristica utile a classificare i diversi tipi di estintore riguarda il loro peso. Riferendosi al loro peso, e di conseguenza alla loro capacità, è possibile distinguere tra:

  • Estintori portatili
  • Estintori carrellati

Gli estintori portatili, progettati per spegnere fuochi di modesta entità, sono piccoli, leggeri e di conseguenza semplici da adoperare. Possono pesare fino a un massimo di 20 kg e, di norma, vengono utilizzati da un’unica persona durante le operazioni di spegnimento fiamme.

Gli estintori carrellati, invece, possiedono una capacità di gran lunga maggiore rispetto ai precedenti: possono contenere fino a 150 litri o chili di sostanza estinguente e pesare tra i 20 e i 150 kg. Per questa ragione, questa tipologia di estintori viene posizionata su una struttura metallica dotata di ruote che possa agevolarne il trasporto.

2) Agenti estinguenti: cosa c’è all’interno di un estintore? 

È possibile distinguere gli estintori antincendio anche in base a un altro principio, tenendo conto, in questo caso, delle diverse sostanze che possono essere contenute al loro interno.

Gli agenti estinguenti sono sostanze chimiche o naturali che grazie alle loro proprietà intrinseche consentono di disinnescare un incendio mediante soffocamento, raffreddamento o reazione chimica. Più precisamente, parlando di sostanze estinguenti, ci riferiamo a:

  • Acqua
  • Schiuma (Ovvero: una miscela di acqua, liquido schiumogeno e aria)
  • Polvere (Si tratta di diverse particelle chimiche, solide e finissime che vengono combinate insieme. Di norma, i composti chimici da cui si originano sono: bicarbonato di sodio o di potassio, solfato di ammonio fosfati, in genere addizionati da sali organici che ne migliorino l’efficacia) 
  • Anidride carbonica
    In base al liquido o al composto presente al loro interno, gli estintori potranno essere classificati in:
  • Estintori idrici 
  • Estintori a schiuma
  • Estintori a polvere
  • Estintori a CO2

Le classi di fuoco degli incendi

Ad ogni incendio la sua soluzione estinguente. L’esistenza di differenti soluzioni estinguenti si deve al fatto che diverse possono essere anche le tipologie di incendio. Un incendio differisce dagli altri per via del tipo di materiale da cui le fiamme traggono origine e delle caratteristiche dell’ambiente in cui esso divampa. Di conseguenza, anche per gli incendi è possibile operare una catalogazione e individuare cinque diverse classi di fuoco:

  • Classe A: Comprende i fuochi generati da combustibili solidi (legno, carta, materiali tessili ecc.), ad esclusione dei metalli.
  • Classe B: Vi rientrano i fuochi generati da liquidi (alcol, oli, solventi e benzine) e solidi liquefatti.
  • Classe C: Classe che identifica i fuochi generati da combustibili gassosi.
  • Classe D: Identifica i fuochi che hanno origine da metalli combustibili.
  • Classe F: Si riferisce ai fuochi generati da oli e grassi in cottura.

Questa classificazione è estremamente utile perché, al fine di ottenere un risultato ottimale e di salvaguardare l’incolumità di persone e ambienti, è previsto – o comunque altamente consigliato – che per ciascuna classe di fuoco venga impiegato un preciso agente estinguente, e quindi un preciso estintore, così come schematizzato nella tabella che segue.

Riassumendo e semplificando, si ritiene che un estintore a schiuma sia il più indicato per contrastare gli incendi di classe A, al pari di un estintore idrico, e di classe B; un estintore a CO2 potrà essere impiegato su fuochi di classe B e di classe C. Un estintore a polvere, da ultimo, rappresenta il supporto più versatile e più utile per fronteggiare una qualsiasi tipologia di incendio in situazioni di emergenza.

Installazione, collaudo e manutenzione

L’installazione, la manutenzione e il collaudo degli estintori antincendio devono essere effettuati da personale qualificato, così come stabilito dalla legge.

Desideri ricevere maggiori informazioni sugli estintori antincendio? Contattaci compilando il modulo qui sotto.

I tecnici specializzati del gruppo SOPRANCIODUE ti guideranno e supporteranno nella scelta dell’estintore più adatto a soddisfare le tue esigenze.  

 

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Impianti antincendio: tipologie e caratteristiche

Impianti antincendio: tipologie e caratteristiche

Gli impianti antincendio sono un insieme di dispositivi che hanno la funzione di riconoscere, segnalare, contenere ed estinguere un incendio. Si distinguono in impianti di rivelazione, di estinzione/controllo incendio e di evacuazione fumi e calore.

Uffici, fabbriche, impianti, scuole, ma anche cinema, ristoranti e centri commerciali: luoghi di svago e di ristoro da una parte, e spazi in cui la vita lavorativa di ogni giorno si svolge e prende forma dall’altra. In entrambi i casi, parliamo di ambienti in cui ciascuno di noi, seppur in misura differente, è abituato a passare gran parte del suo tempo ogni giorno.

Per tutelare la nostra sicurezza in questi ambienti, la legge italiana ha stabilito che tali locali debbano soddisfare determinati requisiti di sicurezza proprio in relazione al numero di ore che trascorriamo al loro interno. In particolare, è stato stabilito che tutti i luoghi di lavoro e locali pubblici debbano essere provvisti di un adeguato sistema di Gestione della Sicurezza Antincendio in esercizio e in emergenza. Un sistema di gestione ben progettato prevede sempre la presenza di impianti, attrezzature e sistemi di sicurezza antincendio. Tali sistemi ed attrezzature sono sempre realizzati seguendo le disposizioni normative vigenti, devono essere correttamente funzionanti e devono essere revisionati e testati a intervalli di tempo regolari.

La loro utilità è indubbia, ed è facile comprendere perché questi sistemi siano indispensabili sia che si tratti di edificio pubblico sia privato o nel settore industriale.

Impianti antincendio: cosa sono

Un impianto antincendio è formato da un insieme di diversi dispositivi che hanno la funzione di riconoscere, segnalare, contenere ed estinguere eventuali incendi, oppure contenere gli effetti e la propagazione di incendi per la salvaguardia degli occupanti.  

In questo senso, è possibile operare una prima classificazione tra gli impianti antincendio e distinguere tra sistemi di protezione attiva e sistemi di protezione passiva.

Protezione antincendio passiva

Parlare di protezione passiva, o di dispositivi antincendio passivi, significa riferirsi a quegli strumenti adibiti a limitare e contenere i possibili danni provocati da un incendio quando esso sia già divampato. Rientrano in questa categoria tutti i dispositivi realizzati in materiali ignifughi, e cioè resistenti al fuoco, quali:

  • Barriere antincendio;
  • Porte e muri tagliafuoco;
  • Sistemi di ventilazione e sistemi di aspirazione;
  • SIstemi a pressione differenziale;
  • Armadietti, archivi e casseforti ignifughi;

Protezione antincendio attiva

Tra i dispositivi di protezione attiva, invece, come stabilito dal D.M. 20 dicembre 2012 e dal più recente Codice Prevenzione Incendi del 2015 (D.M. 3/8/2015) figurano tutte quelle apparecchiature che svolgono un ruolo attivo nel processo di estinzione di un incendio, a cominciare dall’atto di rilevamento dello stesso.

Parliamo, pertanto, di:

  • Impianti di rivelazione, segnalazione e allarme incendio (IRAI);
  • Sistemi di evacuazione di fumo e calore;
  • Sistemi di allarme vocale per scopi d’emergenza (EVAC);
  • Estintori;
  • reti di idranti;
  • Impianti automatici di spegnimento (o impianti attivi completi) ad acqua, gas, aerosol polvere e schiuma;
  • Sistemi a riduzione di ossigeno.

Ma di quali elementi si compone esattamente un impianto antincendio? E quante e quali tipologie di impianto antincendio esistono?

Le tipologie degli impianti antincendio

Un impianto antincendio in generale presuppone l’esistenza di diversi elementi, ovvero un sistema di rilevazione che può essere un rivelatore di fumo o calore (comandato da una centrale di controllo)  oppure un ugello dotato di fialetta a rottura termica oppure un cavo o sensore termosensibile.

Una volta rilevato l’incendio il sistema può semplicemente mandare un segnale di allarme per l’attivazione di sistemi manuali di spegnimento (idranti e naspi) e dell’evacuazione oppure può innescarsi l’attività automatica di erogazione di un estinguente (acqua o schiuma nel caso di impianti sprinkler e a diluvio) oppure gas, polvere ed aerosol. Gli impianti più complessi possono anche prevedere sistemi di rilevazione combinati (a preazione) con rilevatori di fumo e fialette termosensibili. La scelta dell’estinguente dovrà essere sempre fatta sulla base di una adeguata progettazione antincendio, sulla base dei rischi e delle sostanze presenti nel sito da proteggere.

1) Impianti attivi completi

Un impianto attivo completo è un impianto ad azionamento automatico, così definito poiché composto da tutte le apparecchiature e tutti i dispositivi atti non solo a rilevare e segnalare un incendio, ma anche a contenerlo oppure in certi casi a sedarlo.

2) Impianti manuali (idranti e naspi)

Gli impianti idranti e naspi sono di tipo manuale e avranno sempre una rete di adduzione idrica indipendente oltre ai necessari gruppi di attacco per gli automezzi dei Vigili del Fuoco oltre che ovviamente un numero progettato di cassette contenenti le manichette, oppure i naspi e spesso anche colonnine idranti e idranti sottosuolo.

3) Impianti automatici a pioggia (sprinkler)

Gli impianti di spegnimento fissi automatici ad acqua o a schiuma sono direttamente collegati alla rete antincendio ed è possibile distinguere al loro interno tra impianti automatici a pioggia (o sprinkler) e impianti automatici a diluvio. La differenza sostanziale sta nel fatto che un impianto a pioggia è dotato di ugelli erogatori di regola (in assenza di incendio, si intende) chiusi da una fialetta termosensibile, che negli impianti a diluvio risulta invece assente. Negli impianti a diluvio, infatti, l’agente estinguente viene trattenuto da una valvola la cui apertura è coordinata da un impianto di rivelazione incendi esterno, a cui segue il rilascio d’acqua da parte di da tutti gli erogatori presenti nella rete. Negli impianti a pioggia, invece, si attiva soltanto l’augello che abbia rilevato una temperatura anomala.

I sistemi antincendio e la normativa italiana 

La normativa antincendio in Italia è spesso soggetta a revisioni e integrazioni. Le attuali fonti di riferimento in materia di impianti antincendio sono costituite dal Decreto Impianti (D.M. 20/12/2012) e dal Codice Prevenzione Incendi del 2015 (D.M. 3/8/2015). Nel corpus normativo sono presenti vari riferimenti all’installazione, ai contesti di obbligatorietà, al controllo e alla manutenzione degli impianti antincendio.

È stabilito espressamente che un impianto antincendio possa essere realizzato solo previa approvazione del progetto a firma di un tecnico abilitato, ovvero di un professionista antincendio, e solo se rispondente alle linee guida nazionali o europee.  

Sopranciodue: progettazione di impianti antincendio

Sopranciodue è una delle realtà storiche italiane maggiormente affermate nel campo dell’antincendio e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Operiamo in questo settore da oltre 70 anni, avvalendoci del supporto di consulenti specializzati e di tecnici altamente qualificati: richiedi una consulenza gratuita e insieme troveremo la soluzione che più si adatta alle tue esigenze, occupandoci di tutto ciò che attiene alla progettazione e all’installazione del tuo impianto antincendio.

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Gli impianti di rivelazione incendio

Gli impianti di rivelazione antiincendio

Abbiamo accennato all’esistenza degli impianti di rivelazione incendio quando ci siamo trovati a parlare della famiglia dei dispositivi di protezione antincendio attiva. I dispositivi di protezione attiva, lo ricordiamo, rappresentano quegli elementi che, all’interno di un impianto antincendio completo, giocano un ruolo attivo (che può andare dalla semplice rilevazione allo spegnimento dell’incendio, in base alle apparecchiature coinvolte) nel processo di estinzione delle fiamme.

A questo punto, prima di scoprire quanti e quali dispositivi di rivelazione esistano, è necessario aprire una piccola parentesi e fare chiarezza su una questione apparentemente ambigua. Compilando una qualunque ricerca sul web, infatti, è possibile imbattersi in numerosi articoli e riferimenti in cui si fa menzione ad alcuni impianti di rilevazione antincendio. Rivelazione o rilevazione, dunque? Qual è la formula corretta? Di fatto, almeno nel linguaggio ordinario, i due termini vengono utilizzati in maniera intercambiabile, quasi come fossero sinonimi. In realtà le cose non stanno esattamente così: in materia di antincendio, infatti, si parla di rilevazione quando ci si riferisce alla misurazione delle grandezze legate ai fenomeni fisici in cambiamento durante un incendio; il termine rivelazione, invece, viene impiegato per indicare il processo di registrazione e trasmissione di una certa informazione a un sistema di elaborazione dati. Ma scendiamo nel dettaglio, e proviamo a definire cosa sia un impianto di rivelazione incendi e quale informazione venga processata. 

Cos’è un impianto di rivelazione incendio

Qualora fossero rimasti dei dubbi riguardo alla corretta terminologia da utilizzare, un chiarimento definitivo arriva dalla norma UNI 9795:13. Tale norma fa infatti esplicito riferimento ai “sistemi fissi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio”, stabilendo quali criteri debbano essere applicati in fase di progettazione e di installazione di questi dispositivi e degli impianti antincendio in generale.

Un impianto di rivelazione incendio è un preziosissimo dispositivo di sicurezza, utile per preservare gli ambienti domestici e lavorativi dal rischio incendi. L’impianto è costituito da una serie di apparecchiature elettroniche che hanno il compito di rivelare e segnalare la presenza di quelle sostanze e quegli elementi nocivi per la salute umana e che possono essere rivelatori di un principio di incendio. Parliamo pertanto, ed essenzialmente, di: fumo, gas e variazioni di calore.

Per le attività molto complesse e che necessitano di pompieri interni è presente a volte anche una Centrale Operativa, la quale, a sua volta, avvia un processo di controllo e verifica della situazione. Appurata l’effettiva presenza di un pericolo, la centrale fa scattare precisi protocolli di di emergenza: dapprima la minaccia viene segnalata tramite appositi segnali acustici e visivi, così da permettere una rapida evacuazione; contemporaneamente, l’informazione ricevuta viene inoltrata agli operatori di settore, garantendo in questo modo il pronto intervento dei Vigili del Fuoco e degli addetti allo spegnimento fiamme.

Rivelatori, sensori e dispositivi di segnalazione antincendio 

Un impianto di rivelazione incendio si avvale della compresenza di:

  • Una centralina di allarme incendio;
  • Dispositivi di rivelazione incendio;
  • Dispositivi di segnalazione incendio;
  • Dispositivi di comando per interblocchi o spegnimento.

I dispositivi di rivelazione, in particolare, sfruttano diverse tecnologie per il loro funzionamento e, in base al diverso principio impiegato, è possibile distinguere tra:

  • Rivelatori di fumo ottici;
  • Rivelatori di gas;
  • Sensori di calore;
  • Sistemi a telecamera.

Per quanto riguarda i rivelatori di fumo, il loro funzionamento si basa essenzialmente sulla reazione alla diffusione della luce o alla presenza di ioni radicali liberi.

I rivelatori ottici sono dotati di un sensore che scatta e genera un allarme (di tipo acustico o visivo) nel momento in cui viene registrato un calo di intensità della luce presente nell’ambiente, spiegabile con la presenza di fumo. La rivelazione avviene grazie ad una fotocellula presente nella camera ottica del rivelatore stesso oppure, nel caso delle barriere lineari, a seguito dell’interruzione di un raggio tra ricevitore e trasmettitore (RX/TX) oppure tra il trasmettitore e un catarifrangente.

I dispositivi ad aspirazione funzionano con lo stesso principio ma prevedono in ambiente dei sistemi di aspirazione e campionamento continuo dell’aria tramite tubicini microforati. I rivelatori ad aspirazione utilizzano in alcuni casi la tecnologia ottica dei laser.  

I rivelatori di gas, come è intuibile, sono in grado di rivelare la presenza di questo elemento in un ambiente chiuso. Qualora la quantità del gas rilevata superasse una certa soglia di rischio, l’impianto emetterebbe tempestivamente un segnale di allarme. Lo stesso principio regola il funzionamento dei sensori di calore: anche in questo caso si tratta di apparecchiature capaci di individuare e segnalare eventuali picchi di calore, o comunque repentine variazioni della temperatura, che spesso precedono al divampare di un incendio.

I rivelatori di fiamma sono in grado di intercettare molto precocemente  le radiazioni emesse dalle fiamme nello spettro ultravioletto e infrarosso tramite sistemi ottici con tecnologia UV e IR. Sono di regola installati in ambienti ad alto rischio di incendio.

Da ultimo, i sistemi a telecamera rappresentano una recente innovazione nell’ambito delle tecnologie antincendio. Questi sistemi, sfruttando un particolare software di analisi del movimento, sono capaci di distinguere il movimento generato dal fumo che si sviluppa e libera nell’ambiente da quello di apparecchiature o persone. 

Quando è obbligatorio installare un impianto di rivelazione antincendio 

L’installazione di un impianto di rivelazione antincendio può essere lasciata all’iniziativa del singolo, ma vi sono molti casi in cui la sua presenza risulta obbligatoria per legge. La normativa italiana, infatti, prevede che gli impianti di rivelazione, e gli impianti antincendio nel complesso, debbano essere installati obbligatoriamente all’interno di strutture che ospitano un elevato numero di persone, quali ad esempio: hotel e alberghi, uffici pubblici, centri commerciali, ospedali e ristoranti oppure dove sono presenti rischi più importanti come aziende chimiche, produttive, farmaceutiche, magazzini di stoccaggio merci e industrie meccaniche. 

È stabilito, inoltre, che l’installazione degli impianti antincendio, sia essa volontaria o obbligatoria, deve essere eseguita esclusivamente da operatori e professionisti antincendio qualificati, previa una attenta valutazione dei rischi eseguita dagli stessi.

La recente normativa del 2021 ha introdotto anche criteri generali che prevedono anche specifiche attività di formazione normata e un esame finale sotto il controllo del dipartimento Vigili del Fuoco. Tale obbligo scatterà però a settembre del 2023 data entro la quale tutti gli operatori del settore dovranno aver formato  i propri tecnici.

È stabilito, inoltre, che l’installazione degli impianti antincendio, sia essa volontaria o obbligatoria, deve essere eseguita esclusivamente da operatori e professionisti antincendio qualificati, previa una attenta valutazione dei rischi eseguita dagli stessi.

Manutenzione: leggi e decreti di riferimento

Al pari di qualsiasi altro dispositivo di sicurezza, anche i dispositivi di rivelazione incendio devono essere sottoposti a un’accurata pulizia e a controlli periodici al fine di mantenere inalterata la loro efficienza e di scongiurare il rischio di possibili falsi allarmi.

Di seguito l’elenco delle leggi e delle norme che regolano la realizzazione e la manutenzione degli impianti di rivelazione incendio:

  • UNI 11224 – Disciplina il controllo iniziale e la manutenzione dei sistemi di rivelazione incendi;
  • UNI 9795:2021 – Vengono definiti i criteri per la progettazione, l’installazione e l’esercizio dei sistemi fissi automatici di rivelazione e di segnalazione allarme d’incendio;
  • D. Legge 37/08 – Il Decreto stabilisce che, al termine dei lavori, l’impresa installatrice debba rilasciare al committente la dichiarazione di conformità dei nuovi impianti;
  • D. Lgs 81/08 – Anche detto “Testo Unico”, il Decreto si configura come un vero e proprio Codice della salute e della sicurezza sul lavoro, raccogliendo al suo interno le principali norme vigenti in materia di sicurezza;
  • D.M. 10/03/98 – Il Decreto stabilisce i criteri per la valutazione del rischio incendi nei luoghi di lavoro, le misure di prevenzione e protezione da adottare e quelle organizzative e gestionali da attuare durante il normale esercizio dell’attività e in caso di incendio.

 

Rivelazione antincendio: perché scegliere SopranCiodue

Il Gruppo SopranCiodue si avvale di personale altamente formato e specializzato. Operiamo solo nel pieno rispetto delle normative vigenti, mettendo a disposizione le migliori professionalità nel campo dell’installazione e della manutenzione dei sistemi antincendio.



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